giovedì 14 novembre 2013

Medioevo - Situazione religiosa in Oriente dopo la Prima Crociata ( XII secolo)



A seguito della conquista di Gerusalemme nel 1099 si formò con rapidità disarmante una società mista di franchi e di "orientali": siriani, armeni, bizantini, musulmani. Legami familiari si intrecciano: musulmani ricevono il battesimo, armeni e siriani sono liberi di mantenere i loro culti, purché riconoscano il nuovo Patriarca "latino" di Gerusalemme come pienamente valido. I musulmani sono lasciati liberi di seguire la religione di Maometto purché paghino una tassa di religione - procedimento che loro stessi avevano adottato in Egitto o in Sicilia verso i cristiani. Gli Ebrei, a dispetto di quanto si dice, furono in seguito lasciati liberi e non subirono ritorsioni. L'eccidio della conquista di Gerusalemme derivò da un mancato seguito all'ordine impartito dai capi franchi, che avevano comandato di non ritorcersi contro la popolazione della città santa. Ma fu inutile. 

Fin dal 1098 i crociati si ritrovarono con cattedrali espropriate agli emiri, e non appena vi entravano, riconoscendovi una sede cattedrale, senza troppo preoccuparsi di quale giurisdizione ecclesiastica fossero, vi insediavano qualcuno dei numerosi vescovi che avevano seguito la Crociata, poiché i vescovi orientali erano in parte fuggiti o prigionieri dell'esercito musulmano. L'asservimento dei vescovi orientali al patriarca latino si può dire che fu la tattica che Urbano II aveva comandato fin dall'inizio, quando ancora mostrava di volersi egli stesso imbarcare. Non fu assolutamente difficile prendere possesso dell'antica e nobile sede patriarcale di Antiochia; mentre nel regno di Gerusalemme il susseguirsi dei patriarchi latini (alias franchi) seguì un iter preoccupante. L'elezione di Arnolfo di Choques era senza dubbi irregolare, difatti fu deposto da Daimberto, che sfruttò i suoi poteri di legato papale, appena sei mesi dall'elezione. Eppure lo stesso Daimberto fu spodestato da un certo Evremaro. Un nuovo legato depose quest'ultimo e venne eletto a Patriarca. Arnolfo riprese possesso della sede patriarcale sfruttando il suo titolo di Arcidiacono del Santo Sepolcro, carica influentissima che di fatto era la porta d'ingresso per il seggio episcopale. L'appoggio di Re Baldovino ad Arnolfo fece il resto. Le sedi di Cesarea, Scipoli e Petra furono ricostituite solo nel 1101, ma Scipoli perse il ruolo episcopale in favore di Nazareth nel 1128. Betlemme sarà elevata a sede vescovile nel 1099. Il Papa di turno mai si preoccupò di interferire con la nascita di queste sedi, purché lo commemorassero - la commemorazione era fin dall'antichità un modo ufficiale di dichiararsi parte di una giurisdizione ecclesiastica. Gerusalemme annetté dopo ampie proteste da parte dell'Arcivescovato di Tiro anche le sedi episcopali della Fenicia, Nel 1168 si aggiunsero altre sedì: Kerak, Ebron e Sebaste, ove vi è la tomba del Precursore, Giovanni il Battista. Questo enorme numero di vescovati lascia ritenere che i franchi alzassero a vescovato tutte quelle città che erano meta di pellegrinaggio. Ben presto si pose un problema: le chiese ortodosse e la chiesa cattolico-romana, nonostante lo scisma del 1054, erano ancora molto simili, ed entrambe avevano firmato il Concilio dei Sardi, nel quale si vietava la coesistenza di due vescovi nella stessa sede. Un grande problema per il clero cattolico appena insediato! Si risolse col compromesso: i "greci" avrebbero insediato in ogni sede un vicario patriarcale, al quale il clero ortodosso locale avrebbe obbedito. Ma questo vicario avrebbe giurato, in teoria, fedeltà al vescovo latino. Eppure, nonostante le premesse per un disastro religioso, le fedi cristiane mai si combatterono troppo. Abbiamo notizie di conversioni al cristianesimo latino da parte di greci e armeni, sia da latini verso l'ortodossia, frutto dei matrimoni misti.
Gerusalemme era la città principalmente coinvolta nella rete di pellegrinaggi che partiva dall'Europa. I regni cristiani avevano una sottile rete di locande, prebende, alloggi e ospedali per pellegrini, gestiti tanto dai laici quanto dalle chiese, e non si era mai lasciati soli. Già abbondavano i procacciatori e venditori di "reliquie" per le strade delle città. Gli Ordini Cavallereschi assicuravano una relativa pace per le strade, e si occupavano di seguire le carovane di pellegrini per proteggerle dagli assalti della feccia o dai musulmani. Un vasto mercato di oggettistica sacra era in funzione già durante la marcia dei crociati, e si intensificò con il consolidarsi d

FONTE

storia delle crociate, Jean Richard - volume I






martedì 5 novembre 2013

Medioevo - L'esperienza del primo convento femminile, ad Arles ( VI secolo)

Nel 513 il Vescovo San Cesario di Arles redige una regola per delle vergini che vogliono vivere in congregazione presso la chiesa di Saint-Jean, in quella parte di Gallia invasa dai Franchi. Siamo agli albori del Medioevo. Purtroppo ciò che rimane del monastero di Saint-Jean-le-Moustier non ci consente di ricostruire la struttura del Monastero, ma è possibile ricostruire fedelmente la vita di queste monache dell'Alto Medioevo, del primo nucleo occidentale di una congregazione femminile. San Cesario prese a modello la Regola di San Benedetto da Norcia, sebbene per le donne non avesse previsto grandi rinunce in  cibo e bevande, ritenendo già sufficiente la grande privazione della verginità perpetua. Il periodo di noviziato durava genericamente un anno, anche se la Madre Badessa aveva la facoltà di decidere se allungare o meno il periodo di prova valutando caso per caso. San Cesario insiste sulla povertà di spirito e quella del corpo: la postulante non può divenire novizia se prima non ha dato tutto ciò che possedeva. Non vi sono ricche e plebee: ognuna delle monache veste un abito bianco cucito dalle consorelle e tutte non hanno che un letto, i libri per la preghiera e gli oggetti quotidiani. Nella Regola di San Cesario notiamo con una certa impressione come egli prescriva per le sue monache dei frequenti bagni, sollecitandole spesso durante tutto il programma.

Ogni giorno le monache ricevevano una certa quantità di lana da filare in silenzio. La pratica del silenzio era molto rispettata. A turno ciascuna cucinerà per le altre, e infine dedicheranno almeno due ore del giorno alla lettura silenziosa delle Scritture.

Oltre allo studio e alla frequentazione dei Sacri Uffici, compito specifico delle monache di Arles era la cura degli ammalati, sistemati in una infermeria non lontano dal complesso monastico. Le consuetudini di questo monastero sono raccontate in modo molto dettagliato da una raccolta del IX secolo:
La monaca si alza a mezzanotte e recitando il salmo XXIV ad te Domine levavi animam meam si affretta verso l'oratorio dopo aver velocemente sopperito alle necessità corporali e alla vestizione, e si unisce alle sue consorelle, si inchina dinnanzi all'altare e si pone in preghiera silente. Il campanello segnerà il momento in cui il coro inizierà a leggere l'ufficio. Concluso il canto la congregazione torna al riposo fino alle sei del mattino, quando iniziano le Laudi. In queste sei ore è previsto il silenzio assoluto. Alle Laudi succedono l'Ufficio dell'Ora Prima e poi la Confessione dei Peccati in pubblico, dinnanzi a tutta l'assemblea. Dopo un periodo di riposo vanno a lavarsi, e successivamente seguono la Messa della mattina e cantare l'Ora Terza. La Celleraia e coloro che sono deputate ad aiutarla preparano la colazione, composta da un quarto di libbra di pane e da delle bevande. Durante il pasto vige silenzio assoluto e nessuno può mangiare finché la Badessa non si siede e da il permesso. La Badessa invita la Lettrice a leggere brani di libri di Padri della Chiesa, di Detti o di Sacre Scritture. Al limite vengono letti proclami imperiali qualora siano di portata anche nel Monastero. Dopo il pasto esse si recano alla sala capitolare nella quale la Cantora ( colei che gestisce il coro) espone il santo del giorno, il calendario e la luna. Sempre nel Capitolo si legge un brano della Regola e si ha la pubblica confessione, nella quale le suore indicano i peccati le une alle altre, e ricevono l'assoluzione dal cappellano;  Segue una pausa di libertà nella quale le suore possono parlare nel chiostro o altrove, purché non siano in chiesa, nei dormitori o nel refettorio: in questi luoghi il silenzio è assoluto ad ogni ora. A mezzogiorno c'è l'ufficio di Sesta e una seconda Messa, dopo la quale le suore si lavano le mani: vengono battuti i famosi "cento colpi" sui piatti o sul cimbalo per invitare le suore a pranzo. Dopo il pasto segue la siesta, dove le suore dormono o leggono, o passeggiano nel chiostro. Al risveglio si canta la Nona, e ad un cenno della Madre Badessa esse possono andare a bere un bicchiere di vino, tenuto in serbo dal pranzo sul tavolo della mensa. Tre colpi di cimbalo segnano l'inizio del lavoro manuale; la giornata si conclude alle sei, con un pasto leggero, seguito dai Vespri, e al tramonto canteranno la Compieta, dopodiché saranno spente le lampade e le monache potranno andare a dormire. La clausura non esisteva nei conventi femminili dell'Alto Medioevo - essa sarà resa regola formale solo sotto Bonifacio VIII nel 1298 - e le suore potevano uscire due a due, purché per faccende inerenti il convento, i poveri, i bisognosi o loro stesse,  ed erano tenute a non bighellonare. Abbiamo quindi un ritratto di una vita viva: le suore erano copiste, miniaturiste, contadine e molto altro, e si occupavano dalla vita scolastica dei fanciulli, sia maschi che femmine.

FONTE
Régine Pernoud, la donna al tempo delle cattedrali - RIZZOLI