
Base della filosofia Confuciana
Come precedentemente anticipato, per comprendere minimamente l’etica confuciana, occorre conoscere i tre concetti di Ren, Shi e di Junzi.
Ren: “Bontà”, “Umanità” ( nell’accezione morale del termine - rettificato)
Confucio insisteva molto affinché l’essere umano ottenesse l’Umanità, la suprema virtù. Attraverso la pietà filiale, l’onore, il rispetto dello stato e dell’etica, delle sue convenzioni, dei riti, della divinità, attraverso la frugalità e il senso del dovere l’uomo poteva sperare di elevarsi. Non si capisce se Confucio si considerasse detentore o meno di questa Virtù suprema. Nel cinese arcaico questa parola indicava solo il comportamento virile tipico degli eroi, poi ha subito una trasformazione morale conclusasi con la rettificazione confuciana.
Junzi: “Signore feudale”, “Gentiluomo” ( rettificato)
Prima dell’avvento del pensiero confuciano, il Junzi era il padrone, il sovrano o uno dei suoi feudatari. Era una nobiltà di tipo ematico, una nobiltà di sangue. Confucio introduce il concetto politico di meritocrazia: gentiluomini non solo ci si nasce, ma ci si può divenire attraverso l’Educazione. L’Educazione confuciana rientra in quello che viene chiamato Umanesimo Confuciano, ossia uno studio della letteratura, dell’arte visiva, musica, calligrafia, economia, tiro con l’arco, arte del carro, equitazione, riti e ovviamente, oratoria e politica. Il Junzi era dunque, in età imperiale soprattutto, assimilabile allo Shi ( “letterato”).
Shi: “cavaliere” ( cinese antico) “intellettuale” ( imperiale) “letterato”.
Nome indicante una classe sociale intermedia, mobile e dinamica, indicava inizialmente il guerriero a cavallo a seguito di un potente Signore feudale. Confucio regalò a questa classe un’ideologia che in poco tempo permise agli Shi di divenire la classe dirigente dell’impero unificato, e formarono la burocrazia imperiale.
Eredità del Pensiero Confuciano nella Cina Imperiale
Come si evince dalla specificità dei lemmi, il letterato imperiale era una figura apparentemente di spicco, dotata di enormi capacità fisiche e intellettuali. La burocrazia imperiale fortemente meritocratica non era una carica irraggiungibile: a qualsiasi persona di qualsiasi classe sociale era possibile ottenere il posto se quest’ultimo superava una serie di esami di cultura generale. Questa attitudine comportò nei secoli un grande afflusso di talenti più o meno meritevoli nelle corti cittadine, tramutandosi tuttavia in una terribile malattia, quella degli “intellettuali senza lavoro”, dramma soprattutto delle ultime dinastie. I Mandarini erano quella classe dirigente che, a vari livelli, si occupava dell’amministrazione e degli uffici in ogni angolo dell’Impero. Si presupponeva dunque che un qualsiasi intellettuale fosse contemporaneamente oratore, comandante di guarnigione, agronomo, economista, giudice, sacerdote e nel tempo libero perfino letterato, magari poeta o musico. Intellettuale non erano dunque persone particolari o emotive ed emozionanti, ma coloro che rispondevano a dei requisiti di natura scolastica. La fossilizzazione del concetto di letterato e delle sue qualità è stato, a mio avviso, uno dei cardini della calcificazione della società cinese classica e non sorprende che i repubblicani e i comunisti della Rivoluzione fossero ferocemente anti-confuciani, come Lu Xun, morto nel 1936.