venerdì 28 giugno 2013

Medioevo - La condizione della donna e del bambino

Le donne nella società pre-industriale avevano essenzialmente tre macro-ruoli, i quali assumevano a loro volta diverse sfaccettature. La donna era destinata nella maggior parte dei casi a divenire moglie e madre: le altre due strade possibili erano la via religiosa, contemplativa e di studio, o la via della strada, della prostituzione. Questa tripartizione grossolana tuttavia non può essermi tacciata di sessismo: le cronache del tempo parlano chiaro, la donna è angelo del focolare, madre affettuosa e sposa dedita alla casa, se essa ha coscienza del suo ruolo. Il ruolo di genitrice era così importante nella società medievale e rinascimentale che in Francia e in Italia era prevista, ad ogni parto, una piccola festa, ovviamente proporzionata allo status familiare: il canonico milanese Pietro Casola nel 1494 racconta di come era addobbata la camera da letto di una ragazza della famiglia patrizia veneta dei Dolfin. Duemila ducati almeno era il valore degli addobbi, e centomila ducati valevano i gioielli che le donne di servizio portavano nella settimana del parto. Le madri erano generalmente all'altezza di ciò che era richiesto loro, come testimoniano le settantadue lettere di Alessandra Strozzi, cariche di affetto materno e di consigli pratici. Una gentildonna inglese del secolo successivo, Elisabeth Grymeston, scrisse per suo figlio addirittura un trattato nel quale forniva consigli e ragguagli sul matrimonio, sull'educazione, sulla pietà devozionale e sulla morte. La maggior parte della produzione libraria medievale e rinascimentale prodotta da donne consiste in diari e appunti per i figli. A proposito della morte, se essa non si prendeva la madre, spesso e purtroppo si prendeva i figli. Le statistiche oscillano in una media del 20% dei bambini morti nei primi anni di vita, con vette del 50% in alcuni periodi storici. Cinicamente alcuni cronisti del tempo commentavano questi avvenimenti: il cronista francese Chevalier de la Tour Landry, nel 1371, ad esempio, scrive di non celebrare con troppo fasto una nascita, altrimenti Dio potrebbe riprendersi il bambino a causa dello sfarzo eccessivo. Era diffusa la pratica di far allattare i propri bambini ad altre donne, pratica sconsigliata dai medici dell'epoca tanto quanto dai predicatori. Celebri le frasi di San Bernardino che ricordava come dare il proprio figlio al seno di altre fosse peccato mortale. De Re Uxoria ("Riguardo alle mogli", 1415) è una celebre opera tardomedievale a carattere istruttivo, scritta da Francesco Barbaro, secondo cui è obbligo morale e naturale che la donna allatti il proprio figliuolo. Non scordiamo inoltre che l'allattamento ha un carattere contraccettivo, perché limita la nascita di nuovi figli che all'epoca era fondamentale possedere. Per i bambini più facoltosi c'erano delle balie in casa, per i poveri le sorelle o le amiche delle madri. Una grande tragedia viene raccontata dalle testimonianze dell'epoca: l'infanticidio a opera delle balie. Un dato inquietante, ad esempio, proviene dai documenti del regno d'Inghilterra nei qual i appare scritto che, dal 1578 al 1601, il 6% dei funerali erano di bambini affidati a nutrici. La mancanza di affetto sembra essere una delle cause della morte per mano delle balie, in quanto i bimbi erano lasciati a loro stessi o nutriti con molta riluttanza, avendo la stessa nutrice una decina di bambini di media da accudire, oltre ai propri. Per quelle donne, ricche o povere, che avessero abbandonato il loro figlio, i tribunali tanto secolari quanto ecclesiastici sembrano avere pietà, in quanto spesso era colpa della fame o di altri fattori di causa maggiore. Ma quando la legge decretava colpevole la donna di infanticidio, la pena era estrema: annegamento o rogo.A Norimberga nel 1580 la pena per le infanticidi divenne la decapitazione. I maschi rei di infanticidio venivano impiccati. I bambini rimanevano in casa fino a sette anni, e se possibile affidati ad un maestro e ai precettori, altrimenti venivano istruiti nel lavoro del padre se artigiano o condotti nei campi ad apprendere come lavorare la terra, nel caso di figli di contadini.Le figlie rimanevano a casa, accudite dalle donne mature, fino all'età delle nozze. Molti bambini abbandonati, figli soprattutto di prostitute o di amori extra-coniugali, venivano lasciati alle porte degli orfanotrofi, i "Monti di Pietà" sorti un po' ovunque e ai quali in Occidente dette molto impulso il Papa di Roma Innocenzo III per salvare i bambini raccolti in strada. Questi orfanotrofi erano gestiti da ordini monastici femminili e spesso mantenuti dalla pietà privata di corporazioni,famiglie ricche e singoli di buoni principi.Per trovare la dote a fanciulle indigenti in Italia nacquero sul finire del XII secolo le Casse per le Fanciulle, attive e documentate già a Firenze e Siena nel 1250, nelle quali si portavano oggetti per il matrimonio e piccoli fondi da dare alle ragazze povere per sposarsi. 

Parlando della sessualità, le guide spirituali dell'epoca insistevano sul debito modo e debito tempo della prestazione sessuale nella coppia, ossia negli organi e nei momenti opportuni, senza costrizioni. Alcuni commentari religiosi parlano di come, se il matrimonio era contratto in amore e amicizia, il divorzio e l'adulterio erano pressoché inesistenti. Le donne erano seguite da medici del proprio sesso, che sembra quanto meno strano: questo compito di "ginecologhe" ante litteram era logicamente riservato alle levatrici. Eppure nel 1321 a Napoli la signora Francesca, moglie di Matteo di Romana da Salerno, fu autorizzata a servire il regno in qualità di medico. Nel 1485 re Carlo VIII di Francia ad esempio promulgò una legge che imponeva il ritiro della patente di chirurgo a tutte le donne che avevano solo esperienza pratica, senza dottorato conseguito in Università. Sebbene non eccessivamente diffuse, esistevano anche donne che vivevano di ciò che producevano, ossia che erano commercianti e artigiane. Occorre ricordare anche alcune figure di donna che ressero sorti di governi e regni, come Eleonora d'Arborea per la Sardegna, Giovanna d'Arco per i francesi o Elisabeth I d'Inghilterra.


Fonti: Eugenio Garin, L'uomo del Rinascimento

sabato 1 giugno 2013

Storia e Religione - Il "titulus", ossia la parrocchia dei primi secoli

Con il nome di titula sono definite essenzialmente quelle complesse organizzazioni pastorali e liturgiche dei primi secoli cristiani, assimilabili per certi versi alle parrocchie, anche se il titulus non aveva né uno statuto né un territorio definito. In questi centri la cura dei fedeli era già affidata a dei presbiteri, i quali, benché in possesso di autonomia amministrativa, rimanevano dipendenti da un Episcopo. Una fitta rete gerarchia interna regolamentava la vita del titulus: accoliti, lettori, esorcisti e ostiari erano in sequenza i gradi del cosiddetto "basso clero" che aiutava il presbitero e il diacono nelle azioni liturgiche e comunitarie. Questa gerarchia così ramificata è già evidente nelle lettere di Papa Cornelio a Fabio di Antiochia ( III secolo). Il compito principale dei titula oltre alla celebrazione eucaristica consisteva nella preparazione dei catecumeni al battesimo: le strutture erano dotate di biblioteche per la cura e la promozione dei libri sacri e di centri di studio nei quali i lectores insegnavano ai neofiti. Successivamente alle chiese fu aggiunto il fonte battesimale, verso la fine del IV e nell'inizio del V secolo, quando il battesimo smise di essere prerogativa del Vescovo. La pratica di pellegrinaggi verso i santuari urbani per ricevere dei battesimi presso particolari reliquie, diffusasi nel V secolo, comportò una rapida crescita di battesimali nelle parrocchie di città. Il presbitero dei primi secoli non differiva in nulla rispetto ai suoi successori: i sacerdoti celebravano il sacramento della penitenza, celebravano esequie, matrimoni e funerali, assistevano malati, infermi e moribondi, e ovviamente provvedevano a celebrare l'Eucarestia. Recenti testimonianze archeologiche portano a ritenere che, annessa alla basilica titolare addetta al culto, vi fosse una serie di ambienti deputati alle svariate funzioni della canonica, quali il catechismo, la biblioteca, la mensa et cetera. Dal VI secolo d.C in poi si diffonde ovunque la pratica del cimitero urbano, soprattutto dopo le guerre greco-gotiche e quindi la parrocchia acquisisce adesso un'altra particolarità, quella di gestire il seppellimento dei defunti nel proprio spazio. Fino al VII secolo il presbitero, per il culto domenicale, si avvaleva del fermentum, ossia del pane consacrato in sede episcopale che gli accoliti distribuivano in tutta la diocesi; il prete cosi univa il Corpo consacrato dal Vescovo al proprio Calice e celebrava l'Eucaristia. Una lettera di Innocenzo I Patriarca di Roma ricorda come questa modalità significhi la profonda unità fra l'episcopo e il proprio clero. 



Mi limito a menzionare, a conclusione del mio articolo, i principali titula nella Roma del V secolo dopo Cristo: San Martino a Monti, San Marco ( piazza S. Marco), Santa Maria in Trastevere, San Lorenzo in Lucina, San Lorenzo in Damaso, Sant'Anastasia, San Clemente, Santa Prudenziana, San Matteo, San Marcello, Santi Marcellino e Pietro, San Vitale, San Crisogono, Santi Giovanni e Paolo, Santi Quattro Coronati, Santa Susanna, San Ciriaco, Sant'Eusebio, Santa Cecilia, Santa Sabina, Santa Prassede, Santa Prisca, San Pietro in Vincoli. Molti di questi titula sono ancora adesso delle chiese consacrate e aperte al pubblico.