giovedì 2 ottobre 2014

L'agricoltura nell'anno Mille

Le terre attorno al villaggio erano quasi interamente coltivate. Si coltivava il "grano", che nel Medioevo non intendeva essere solo il frumento, ma anche segale, orzo, avena. Pane e farinata erano l'alimento base che mai mancava: i campi erano preziosi e venivano recintati secondo le assegnazioni, protetti con delle palizzate e sorvegliati costantemente. Si coltivava anche la canapa per farne i vestiti, e se il clima locale era benigno, vigneti e uliveti. Una porzione di campi era invece deputata all'ortofrutta.
La terra smette di essere fertile se viene notevolmente prosciugata per le coltivazioni, pertanto ogni due anni la si metteva a maggese, ossia a riposo: non si coltivava niente per un anno circa. Dopo di ciò, la si ripuliva estirpando le erbacce che, lasciate là, contribuivano a riformare l'humus. Altrimenti per fertilizzare la terra si possono bruciare già le erbacce sovracitate, prenderne le ceneri e cospargere con esse il seminabile. Questa tecnica si chiama "debbio". Il terzo metodo di fertilizzazione è di disperdere lo sterco animale sui campi.

I metodi di rotazione del terreno sono biennale e triennale. Il biennale, che consiste nel dare riposo dopo due anni di sfruttamento, era il metodo comune nell'Europa mediterranea, nel Poitou e nel Mezzogiorno di Francia. In Inghilterra, in Europa centrale e nei paesi scandinavi invece veniva eseguita la rotazione triennale, che consiste in un anno di "grano invernale" seminato in settembre ( grano, farro, segale), in un anno di "grano primaverile" ( avena, orzo) che si semina a marzo - al grano primaverile si poteva anche sostituire con i piselli, le fave o la veccia - e infine un anno di riposo. 
Si cercava ovunque di coltivare anche un vigneto: indispensabile il vino per la Messa, e anche come bevanda, era una delle più diffuse.I vigneti sorgevano spesso in collina presso i fiumi sufficientemente grandi da garantire il trasporto delle botti tramite piccole chiatte. Laon, in Francia, nel XII secolo si meritò l'appellativo di "capitale del vino" per la quantità immensa di prodotto che produceva. 

Per arare, generalmente si usava l'aratro, un attrezzo a mano o a ruote, con una lama in ferro, bronzo o anche in legno nei casi più poveri, che creava solchi nel terreno nei quali poi si gettava la semenza. 
L'aratro è generalmente tirato da buoi, molto lenti, o da cavalli se è ricco. Per mietere, ossia raccogliere il frutto del durissimo lavoro, si usa il falcetto. Vi erano pure esemplari dentellati ( cfr. André de Fleury - racconto dell'empio contadino). 

Si cercava di mietere lasciando la stoppa il più possibile alta, perché quei campi, fino alla semina nuova, saranno proprietà comune e quindi qualsiasi abitante del villaggio potrà passarvi e raccogliere ciò che serve per la sua abitazione ( stoppa per i cavalli o per la capanna), e il campo incolto diventa terreno di pascolo per qualsiasi gregge di qualsiasi pastore. Se un contadino aveva seminato piante foraggere ha diritto, allo spuntare dei frutti, alla prima falciatura: quanto ricrescerà su quel campo sarà ancora una volta proprietà comune. 

bibliografia: La Vita nell'Anno Mille, fabbri editori

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