venerdì 15 maggio 2015

La Medicina nel Medioevo



Anche se si può pensare tutt'altro, la Medicina medievale fu un'attività empirica nella quale i medici tentavano continuamente nuove vie. Accanto alla sapienza classica di derivazione greca, come Ippocrate, vi erano tentativi continui di trovare nuovi rimedi.

A proposito della ricerca, il medico ebreo Maimonide scrive nel XII secolo:


"L'Arte della Medicina si basa sia sull'esperienza che sulla ragione, ma vediamo come spesso le nozioni ottenute dall'esperienza siano più utili che quelle (ottenute) per mezzo della ragione." 



Il medico e fisico arabo Ibn Al Nafis, nel XIII secolo, scrive nel suo trattato sugli organi che l'esperienza medica sul campo gli è stata più utile che non l'aver letto le opinioni altrui, in merito al funzionamento degli organi. Per lo studio del corpo si utilizzavano i corpi senza vita di "soggetti sgraditi" ( artisti, prostitute, eretici ) che non venivano sepolti in terra consacrata. 
Uno dei più grandi medici medievali fu l'arabo Mohammad Ibn Zakayra Al-Rahzi, nato nel 865 e fino all'età di trent'anni fu banchiere e musico, prima di passare alla medicina. Dopo aver completato gli studi a Baghdad si diede alla sperimentazione animale con il mercurio e si concentrò sulle scimmie, valutando la quantità di mercurio "sicura" per poi testarla sugli umani a scopi curativi.
Il medico Ibn Zuhr, che provò con successo la tracheotomia, testò a lungo le tecniche chirurgiche sulle capre prima di lavorare su persone, 



Una delle cure più diffuse era l'utilizzo di droghe o composti, e prima di essere "immessi sul mercato", tali prodotti venivano più volte testati con queste regole:
La medicina testata dev'essere pura.
Il paziente dev'essere malato del male che si intende curare.
La medicina dev'essere somministrata da sola ( si intende senza altri composti insieme )
La medicina dev'essere prodotta con oggetti contrari agli agenti patogeni
Prima di essere concessa, dev'essere stata provata molte volte.
La medicina dev'essere testata su un corpo maschile.



A Parigi nacque già nel IX secolo una scuola medica, che poi evolverà nel circuito della Sorbona nella quale insegnavano insigni monaci esperti di medicina classica; citiamo i grandi studiosi e monaci Gerberto e Richer, nella Francia del XI secolo, come dottori e insegnanti rimasti noti il primo per le sperimentazioni, e il secondo per la padronanza della medicina ippocratica,  Ci è noto che vi fossero anche donne ammesse al ruolo di dottoresse, con specifici regolamenti e istituti: un caso eclatante fu donna Francesca, moglie di Matteo di Romana da Salerno, la quale nel 1321 servì la corte di Napoli in qualità di medico. 


tavola delle urine


E' superfluo dire che la profilassi fosse inesistente, o quantomeno limitata all'igiene personale; nell'Impero Bizantino  nei paesi arabi era abbastanza diffusa ancora la pratica di frequentare le terme. 
Quando si accusava un malanno, il medico esaminava le urine e provava il sangue dell'ammalato attraverso i salassi tramite le sanguisughe, per poi consigliare un impacco, un composto o una pozione d'erbe in base ai trattati medici più rinomati.



Scuole e corporazioni di Medici faranno parte delle Arti comunali delle città europee a partire dal XIII-XIV secolo, con un grande sviluppo di medicamenti e trattati; la traduzione e la diffusione di opere arabe porterà piccoli grandi benefici. La Chiesa, contrariamente a quanto si pensa, favoriva la diffusione della medicina tradizionale preferendola di gran lunga alle pratiche magiche e semi-pagane dei guaritori che imperversavano in tutta Europa, soprattutto in Francia e in Germania. 


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FONTI

Articoli dal sito inglese Medievalists - consultabili qui e qui.

Per la questione femminile, il libro "La donna nel Rinascimento" di Eugenio Garin.
La vita nell'anno Mille, Fabbri Editori

venerdì 2 gennaio 2015

Le abitazioni cittadine nel Medioevo

Verso il X secolo le città, soprattutto italiane, riprendono a crescere. Anche se normalmente viene passato l'Alto Medioevo come un periodo di decrescita e di stallo, invero le città, anche se ridimensionate rispetto all'epoca classica, non perdono certo il loro valore di centri culturali ed economici: soprattutto a livello di studio e di ruoli ecclesiastici. Le città sono le sedi episcopali, i luoghi ove sorgono le accademie, soprattutto nel Sacro Romano Impero ( Parigi, Aquisgrana, per citarne due) e dove si svolgono le fiere annuali e mensili di rilievo. La città è quindi un luogo composito, che presto sviluppa nell'ambito del diritto medievale delle prerogative peculiari come le Arti e la loro regolamentazione, gli istituti di carità ( Monti di Pietà o Casse delle Fanciulle ) e in generale tutto il tessuto sociale urbano, che va dai lavoranti, ai braccianti, agli artigiani e agli imprenditori, fino all'alta borghesia e ai nobili urbanizzati. Quest'ultimo fenomeno avviene sempre più dal Trecento in poi. 
La casa di città, dunque, si sviluppa in un ambiente dinamico ma angusto, ove la necessità di spazi divisi per attività si affianca alla piccolezza degli spazi edificabili, poiché si preferisce sempre non allargare la cinta muraria: un'operazione di questo tipo porterebbe via denaro, tempo, risorse ed esporrebbe la città indifesa agli attacchi dei vicini turbolenti. Il modello del piccolo castello, il donjon ( termine francese che designa un casale turrito) prende presto piede nelle città, le cui abitazioni evolvono quindi in case-torre. Gli ambienti sono distribuiti su più piani: al piano terra la bottega, propria o in affitto di altri, e ai piani superiori gli appartamenti, sempre propri o in affitto; le varie zone della casa sono divise da tendaggi o separé di legno. Ovviamente, l'ampia presenza di mobili e oggetti in legno, il pavimento e il soffitto, lo spazio scarso e la necessità di riscaldarsi con bracieri e camini comportavano ampi rischi di incendio, vera piaga delle città medievali. A fronte di questi problemi, erano molto frequenti le uscite di sicurezza composte da scale affiancate alle finestre. Dietro le abitazioni spesso sorgevano gli orti o dei piccoli giardini, che nell'immaginario medioevale erano considerati locus amenus, dove le donzelle amavano passeggiare e dove i cavalieri si dichiaravano ( secondo una certa etica cavalleresca). Sempre nell'orto sostava il gabinetto. I più avanzati erano sedili interposti fra due porzioni di muro, le cui tubature davano poi nel pozzonero condiviso dal quartiere; i meno avanzati venivano poi svuotati e rimescolati nell'orto per contribuire a formare il concime tanto prezioso. I grandi palazzi sono una rarità nell'Alto Medioevo, perlopiù destinati alle istituzioni come i Municipi, le sedi delle Corporazioni, le case dei Mangravi ( rappresentanti dell'Impero) o gli edifici curiali; nel basso Medioevo si iniziano sempre più a edificare grandi ville per i nobili urbanizzati, i quali riportano gli sfarzi dei castelli direttamente entro le mura cittadine. 
L'illuminazione dei locali era un fattore di primo piano poiché d'inverno le imposte di legno venivano chiuse per il freddo, e le stanze risultavano al buio ben prima del crepuscolo; si ovviava al problema attraverso candele di sego o di cera, ma anche l'illuminazione a olio era ovviamente conosciuta. Le torce erano prodotte con resina. Secondo l'etica popolare, la brava donna era colei che faceva trovare al marito una casa sempre ben illuminata, segno che seguiva il camino e le candele, e non permetteva che l'abitazione calasse nell'oscurità. I poeti erotici del Medioevo ricordano con soavità quelle donne che portano il marito a letto "alla luce di molte candele". Le prostitute o gli amanti, infatti, vivono i loro rapporti in case poco illuminate.
Il vestiario aveva una moda diversa di regione in regione, che cambiava ovviamente in base al clima, alla ricchezza del popolo e delle possibilità offerte dal commercio con l'Oriente o col Nord-Europa: pellicce, seta e lino erano tessuti molto ricercati, anche e poi verso il Basso Medioevo saranno meno rari. 
La vita a tavola era piuttosto goliardica e familiare: nelle case popolari la tavola veniva aperta - si trattava di assi disposti su cavalletti - e da un unico grande piatto tutti i commensali attingevano contemporaneamente. Rare le forchette, e anche per i bicchieri e i boccali, era usanza che i coniugi bevessero in due dalla stessa coppa. Nelle osterie e nelle taverne invece, i tavoli erano mobili interi e usava che ognuno avesse stoviglie proprie. I ricchi seguivano paradossalmente la via della taverna, con complesse disposizioni di piatti e posate, per mostrare la propria opulenza ai commensali in visita. 
Si desume come i rapporti umani e sociali fossero molto diretti e coloriti, ben più saldi di quelli cui siamo abituati oggidì. 

Bibliografia:
Vita Quotidiana nel Medioevo - Ludovico Gatto
La Vita nell'Anno Mille - Fabbri Editore
Firenze nel Rinascimento - Vannucci

in foto: veduta del borgo medievale di S. Gimignano in Toscana, il quale conserva ancora l'aspetto turrito di una città altomedievale