giovedì 20 febbraio 2014

La vita al castello di un Signorotto locale nell'Alto Medioevo

Si sa, chi lavora è il servo della gleba, colui che suda per il pane quotidiano, che vive se gli sta bene in case in pietra se siamo al nord, in laterizi se siamo al sud, se invece gli va male, in capanne di paglia o legno. Da chi dipende la vita del servus? dal dominus, dal Signore. Se prendiamo il periodo a cavallo con l'anno Mille, la situazione è alquanto interessante. La frammentazione feudale è all'apice, e offre occasioni a chi sa maneggiare le armi: ci si può fare anche da soli, se non si ha il sangue, ma se si sa combattere. Una ricerca francese del 1904 (1) offre una panoramica su 10'000 castelli, i quali distano tra loro non più di dieci chilometri. Si desume che i vassalli casati ( ossia "alloggiati", col proprio castello) fossero veramente tanti. 

Presupposti per la Signoria
Il Nobile, si sa, non cade dal cielo. Tramite l'investitura  - la quale sarà codificata più tardi, ma sicuramente doveva avvenire da molto tempo prima del XII secolo - un soggetto che ha reso importanti servigi al suo superiore - sia esso un grande vassallo a sua volta, o proprio al sovrano - viene insignito di un titolo più o meno ampio, che va dal semplice "cavalierato", ossia la possibilità di figurare a corte e di far parte dell'esercito in qualità di cavaliere, ad un titolo onorifico o reale, che comporta il governo di un territorio più o meno grande. In questo articolo ci occuperemo dei piccoli feudatari, non volendo scomodare Duchi di nessuna sorta, e neppure conti o marchesi. Generalmente le parentele di sangue hanno il gratificante effetto di essere nobili fin dal concepimento, e tutto ciò comporta privilegi ( o problemi ) di varia natura. Altrimenti, egli può esser divenuto signore per i servizi resi a importanti autorità, e lo abbiamo già detto. Ancora, egli può essere riconosciuto dopo essersi faticosamente creato il "suo" spazio: a capo di una banda, si era trovato un terreno incolto, lo aveva conquistato e vi aveva fatto valere i suoi diritti. Col tempo si era fatto riconoscere da un importante padrone della zona, il quale così lo ammette al rango di vassallo. Le armi in questo periodo fanno molte differenze. La "vestizione" del cavaliere avveniva dopo una cerimonia religiosa, nella quale venivano benedetti gli stendardi, le armi e il signorotto stesso dall'autorità ecclesiastica, alla presenza dei suoi pari, dei suoi superiori e del popolo. 

Il Castello e la sua economia

Immaginiamoci una famiglia sconosciuta, senza andare a cercare personaggi storici. Questo signorotto possiede il suo castello, volentieri in legno più che in pietra, circondato dal suo terreno diretto, nel quale magari vi è un villaggio e gli edifici di uso comune quali il forno, il pozzo, il mulino e i magazzini, che sono di sua proprietà e i quali sono soggetti a tassa d'uso: in altri termini, il servo che vuole usare un edificio comunitario deve pagare al signore un affitto. Accanto al terreno diretto abbiamo, se il possedimento è molto grande, delle porzioni di territorio affidate a contadini particolarmente agiati, i fittavoli, i quali a loro volta faranno lavorare i braccianti. Questi contadini sono entrambi obbligati a pagare la decima, ossia la percentuale sul raccolto, e a fornire prestazioni di validità comunitaria - costruzione o riparazione di infrastrutture, cinta muraria, lavori di varia utilità pubblica - le cosiddette corvée, che tuttavia risultavano molto onerose. L'agricoltura seguiva il ritmo stagionale e la rotazione triennale nei paesi mediterranei, quella biennale ( cereali un anno, pascolo/maggese il secondo) nei paesi nordici. 

la piccola corte del feudatario


Ogni signorotto che si rispetti doveva avere dietro di sè un séguito. Nel medioevo, l'uomo senza importanza non aveva nessuno accanto. Le donne di casa, moglie e figlie, non erano affatto confinate in ginecei di alcuna sorta, ma tutto sommato erano libere. Seguivano i suoi "fidi" come il comandante delle guardie, lo scrivano - il quale fungeva da segretario, da contabile e da molti altri ruoli culturali - e lo scudiero, che spesso era il figlio di una famiglia nobile alleata, e il maniscalco, ossia il guardiano dei cavalli, che presso le corti regie era una figura tenuta in gran conto. Il siniscalco era invece il servitore più anziano, una sorta di maggiordomo.
Comparivano poi, se si era fortunati, qualche chierico istruito, un erborista o un sedicente medico, uno studente di passaggio che aveva deciso di fermarsi; un poeta, un giullare. Le aule dei castelli erano comunque un ambiente vivo solamente di sera, quando calava la luce vesperale, perché la vita medievale si svolgeva all'aperto. Il Signore andava a caccia, col falcone o con la lancia, a cavallo; partecipava a tornei nelle signorie vicine o ne ospitava una egli stesso; si muoveva spesso in guerra, andava in pellegrinaggio se era pio, altrimenti andava in città regie o episcopali a combinare affari o a cercare il favore dei potenti, se era uomo di mondo. Sul mobilio medievale, sono rimaste davvero pochissime tracce, essendo di legno. Per quanto riguarda gli ospiti, alla tavola del nobile potevano benissimo esserci figli di altri nobili che egli stesso si era preso in carico come guardiani e scudieri, per istruirli; del resto, i suoi stessi figli erano coppieri o in affido presso altre famiglie con le quali vi erano vincoli d'amicizia o di sangue. 

Il feudo e la Chiesa

Una situazione particolare. Il feudatario considerava il sacerdote che predicava nel proprio territorio come un proprio suddito, ma quest'ultimo spediva le proprie decime alla propria sede episcopale, quindi spesso convergevano opposti interessi sul curato di villaggio. Senza dubbio i potenti ecclesiastici erano signori essi stessi, e disponevano di eserciti personali al pari dei laici. Ma se parliamo del sacerdote comune, ancora nel Mille sposato e quindi poco propenso ai viaggi, i rapporti erano di sana sudditanza. Il sacerdote era un servo del proprio signorotto, ma quest'ultimo cercava ad ogni modo di non scontentarlo, anche perché poteva incorrere in sanzioni che andavano dallo sborso di denaro alla scomunica, qualora il suddetto feudatario fosse eretico o desse modo di dubitare. La Chiesa certo benediva il ruolo del nobile, e aveva premura che i suoi figli ricevessero educazione. 

Il Signorotto e la guerra

La guerra è l'occupazione preferita del nobilotto medievale, secondo molte cronache dell'epoca. Il Signore poteva chiamare a raccolta tutti i suoi sudditi. La cavalleria era composta dai membri ricchi del feudo, che provvedevano da soli al mantenimento del cavallo, delle armi e dell'entourage che serve a tenere un tenore così alto: servitori, scudieri, maniscalchi, attrezzature per la pulizia delle armature, e quant'altro. La maggior parte della truppa, la fanteria, era composta dalla servitù e dalla "middle class" dell'epoca, ossia dagli artigiani o dai maestri di qualche attività, che grazie alle proprie entrate riuscivano a garantirsi un'arma decente e una protezione. Il soldato che proviene dalla classe dei servi, equipaggiato dal Signore stesso, solitamente aveva armi di seconda mano e armature leggere, o veniva messo nei tiratori. Le macchine da guerra costavano molto ed erano appannaggio del feudatario molto ricco, che le offriva all'armata. 

L'abbigliamento signorile e la cucina 
Concludo l'articolo sul signorotto laico con una piccola panoramica sugli abiti e sulle abitudini culinarie. Innanzi tutto, cosa si mangiava? Carne, carne e carne, cotta prevalentemente alla griglia o su rudimentali piastre, o su spiedini; la carne molto spesso era cacciata dal Signorotto stesso: tutto ciò tranne che in Quaresima o negli altri periodi digiunali prescritti dalla Chiesa, nelle quali si mangiava il pesce. Anche il tipo di pane era diverso: era bianco, di farina fine, mentre il volgo solitamente mangiava pane nero e il pane bianco era quello delle feste. L'uso ordinario di bevande alcoliche, quali vino e birra, per ogni pasto e non solo per le occasioni, è pure uno dei punti del menù di un aristocratico medievale. A concludere segnalano qualche dolce, prevalentemente a base di miele. Le spezie, che dopo le crociate saranno talmente diffuse da essere acquistabili da tutti, sono ancora invece piuttosto ricercate nell'anno Mille e arrivano solo alla tavola dei potenti. Formaggi, legumi, frutta e verdure di stagione accomunavano ricchi e poveri. Si mangiava con le mani, la forchetta ancora non era di moda; per tagliare i bocconi alla tavola dei signori vi era un apposito servo, che faceva i pezzetti in cucina, e  la carne era servita già spezzettata su ampie fette di pane o su focacce: questo identico modo di servire l'ho visto fare ancora oggi ad un ristorante etiope, dove sono bandite le forchette. Per quanto concerne l'abbigliamento, Rodolfo il Glabro ci  propone la seguente descrizione, per la verità non molto rosea ("indecenti" sono gli abiti), dell'abbigliamento dei signori che arrivarono a rendere omaggio al sovrano, provenienti dalla Aquitania, al seguito della regina Costanza. Tuniche corte dalle maniche pendenti con orli ricamati, con brache strette e fatue; le calzature sono dotate di "orecchie" che bordano i calzari, e infine indossano una cintura talmente stretta che accentua in modo ambiguo il posteriore. E parliamo di maschi: devo dar ragione al buon monaco Rodolfo, il quale aggiunge che oramai tutti in Francia e anche in Borgogna seguono queste mode a dir poco "piene di vanità". 
A quanto pare capelli lunghi, barba non rasata e tuniche lunghe erano la moda preponderante nell'Alto Medioevo al contrario un po' ovunque, e una certa filmografia ci ha tramandato questo genere di Medioevo. Diamola per buona. 

fonte:
La vita quotidiana nell'anno mille - Fabbri Editori
(1) effettuata da Camille Enlart su tutta la Francia.

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